Dal 2022 Il ‘tempo utile’ in cui le aziende sementiere potranno assicurare agli agricoltori semi certificati biologici sarà allargato dagli attuali cinque giorni a un anno. Si tratta di una decisione che promette di tutelare e valorizzare ulteriormente la produzione biologica italiana. Oggi, infatti, a causa del sistema delle deroghe in Italia la moltiplicazione delle sementi secondo il metodo bio coinvolge appena il 4% dell’intera superficie sementiera. Ad affermarlo è Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane.
“Sin dalla sua prima approvazione la legislazione sul biologico prevede l’obbligo di impiego di semente e materiale di moltiplicazione certificati biologici, ha dichiarato Alberto Lipparini, Direttore di Assosementi. Nonostante ciò, l’Italia veste ancora la maglia nera in Europa per il ricorso alle deroghe che consentono di utilizzare sementi ottenute con tecnica convenzionale anche per l’agricoltura biologica. La modifica del principio del ‘tempo utile’ promette di arginare questo sistema e fornisce un utile strumento per valorizzare il comparto sementiero dedicato al biologico”.
Il concetto di ‘tempo utile’ è stato identificato già nel Regolamento UE n. 848/2018, ma fino a oggi erano solo cinque i giorni a disposizione di una ditta sementiera per evadere un ordine fatto da un agricoltore biologico di un prodotto, che peraltro doveva essere già presente a magazzino. In futuro questo meccanismo si trasformerà nel tempo che deve trascorrere fra l’ordine e la consegna del seme, a prescindere dalla disponibilità del seme certificato biologico in magazzino al momento dell’ordine. Si passerà quindi dai pochi giorni previsti oggi ad almeno una stagione colturale e in questo modo l’azienda sementiera avrà anche il tempo di programmare e produrre il seme biologico certificato.
“Si tratta di un deciso passo in avanti per il settore che vedrà nel 2021 un anno ancora di transizione, ma che si concretizzerà già dal 2022. Questo indubbio progresso verso una agricoltura biologica più qualificata rischia tuttavia di essere vanificato dalle proposte definite dalla Commissione agricoltura del Senato, che ha introdotto alcuni emendamenti al disegno di legge sull’agricoltura con metodo biologico che danno la possibilità di vendere direttamente in ambito locale o di scambiarsi liberamente sementi biologiche anche di varietà non iscritte nei registri nazionali. Sono concessioni che vanno chiaramente nella direzione contraria a una caratterizzazione e a una qualificazione delle produzioni biologiche e che contrastano con la volontà di valorizzare il settore che il recente concetto di ‘tempo utile’ sembra voler condividere. Per certificare la natura bio di un prodotto non si può infatti prescindere dalla sua fase iniziale, ovvero il seme” ha concluso Lipparini.