Con la sua partecipazione al Sommet d’Élevage , che si terrà a Clermont Ferrand, in Francia, dal 4 al 7 ottobre 2022, Anabic (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne) porterà per la prima volta sullo scenario zootecnico internazionale l’élite  delle razze bovine da carne italiane.

Un’occasione davvero speciale a cui Anabic si sta preparando puntando sulla valorizzazione delle razze che rappresenta: Chianina, Marchigiana, Romagnola, Maremmana e Podolica, un patrimonio di circa 160.000 capi distribuiti in 5.000 allevamenti associati, dislocati in 18 regioni italiane che partono dal Trentino Alto Adige per arrivare alla Sicilia.

“Quasi il 70% di tutto il bestiame allevato cresce al pascolo – spiega Andrea Quaglia (nella foto – ndr. ), responsabile del Libro genealogico e dei Centri Genetici di Anabic – in un sistema estensivo che coinvolge gran parte delle zone collinari e montane delle diverse regioni, assumendo un ruolo di presidio e risorsa per il territorio”.

Da sempre il Centro genetico di Anabic porta avanti importanti progetti legati al miglioramento delle razze in termini di accrescimento e rese produttive. Un percorso che negli ultimi tempi si è dato nuovi obiettivi che riguardano l’efficienza e la sostenibilità. “Grazie al progetto I-Beef  infatti – spiega ancora Quaglia – stiamo lavorando per introdurre caratteri e metodologie innovative nella selezione delle razze con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti, aumentare il benessere e di conseguenza la salute degli animali monitorando i processi di crescita in un’ottica di sempre maggiore efficienza. In pratica, vogliamo ottenere la massima produttività nel rispetto dei più alti standard di benessere animale con una significativa riduzione delle emissioni, in particolar modo metano”.

Il Centro genetico di Anabic è dislocato in tre sedi. Quella di Perugia si occupa delle razze Chianina, Romagnola e Marchigiana, in quella di Grosseto si lavora sulla Maremmana mentre la sede di Potenza si concentra sulla Podolica.

Tutte le razze si contraddistinguono anche per una spiccata rusticità che le rende, in particolar modo la Maremmana e la Podolica, particolarmente adatte a crescere in ambienti estremi dove, proprio per questa loro caratteristica, possono assumere un ruolo di presidio del territorio che diversamente rischierebbe l’abbandono. “Gli obiettivi che ci siamo posti come Centro Genetico sono molto ambiziosi – sottolinea Andrea Quaglia – e oltre a un gruppo di lavoro specializzato ci avvaliamo di strumenti molto sofisticati e innovativi che, al termine del progetto I-Beef  ci permetteranno di ottenere una serie di dati da utilizzare e sfruttare al meglio per centrare quegli obiettivi di produttività, resa, miglioramento del benessere animale e riduzione delle emissioni al centro delle nostre attenzioni scientifiche”.

Un lavoro, quello del Centro genetico di Anabic, che ha comunque già raggiunto risultati molto importanti. “L’attività di miglioramento genetico svolta in questi ultimi decenni ha impresso una significativa e positiva trasformazione al bestiame rispetto a quello allevato fino agli anni Ottanta e Novanta – spiega ancora Quaglia – . Grazie a questo processo, oggi le cinque razze che Anabic rappresenta possono competere alla pari con le razze bovine da carne del Nord Europa da sempre più blasonate. Di pari passo, la valorizzazione commerciale ha saputo dare un importante contributo alla loro diffusione.

Pensiamo solo alla Chianina, oggi conosciuta e apprezzata in tutto il mondo che ha via via aumentato in maniera importante il numero dei capi allevati analogamente a quanto avvenuto per la Podolica e la Marchigiana. Il discorso si fa un po’ diverso se parliamo della Maremmana e soprattutto della Romagnola, che purtroppo registra le maggiori criticità sia in termini di soggetti allevati che di valorizzazione della carne, peraltro di ottima qualità.

Dagli anni Cinquanta a oggi le consistenze dei capi allevati di razza Romagnola sono calati significativamente e l’impegno di Anabic e del nostro Centro genetico per impedire che si vada verso il rischio estinzione di questa razza è forte e costante. Purtroppo la mancata e adeguata valorizzazione della carne ottenuta da questa razza è una delle cause alla base delle difficoltà in cui si trova. Il nostro auspicio è che anche occasioni di rilevanza internazionale come il Sommet de l’Élevage  possano contribuire, per quanto di loro competenza, a invertire un trend  che non penalizza solamente la razza ma anche il suo solido legame con il territorio: un patrimonio di tradizione e di cultura da salvaguardare”.