Su settore fake news, già investe per sostenibilità. Vale 40 mld, ora più risorse e strumenti per sfida ambientale e produttiva.

La zootecnia italiana è sotto attacco. Nonostante sia un settore strategico per l’economia nazionale, con un fatturato di 40 miliardi di euro e 270 mila imprese coinvolte tra produzione e trasformazione, e sebbene abbia compiuto enormi passi avanti sulla strada della sostenibilità, arrivando a pesare appena il 5,2% sul totale delle emissioni di CO2 che si riversano sull’ambiente, deve ancora difendersi da visioni allarmistiche e messaggi fuorvianti non suffragati dai dati che incidono negativamente sulla filiera e sui consumatori. Gli allevatori, invece, sono pronti a cogliere la sfida del Green Deal europeo: chiedono solo strumenti e risorse adeguate per affrontare la transizione verde puntando su innovazione, ricerca e nuove tecnologie, con l’obiettivo di impattare sempre meno sul clima, ma tutelando al contempo competitività, reddito e qualità. Questo il messaggio chiave lanciato da Cia-Agricoltori Italiani nel corso del webinar “Allevamenti bovini e transizione ecologica”, che si è tenuto in un’azienda specializzata proprio nell’allevamento di bovini del Veneziano.

Le produzioni animali del Made in Italy rappresentano quasi la metà del valore dell’agroalimentare nazionale. Il solo settore della carne (bovina, suina e avicola) genera un giro d’affari di circa 30 miliardi di euro (10 miliardi alla produzione e 20 nell’industria di trasformazione), che arriva a 40 miliardi includendo latte e uova. In particolare, la carne bovina costituisce in valore il 44% e in volume il 33% dell’intero comparto. Oggi ci sono circa 140 mila aziende nazionali specializzate nell’allevamento bovino, soprattutto in Veneto (16% dei capi), Piemonte (17%), Lombardia (11%) e Sicilia (9%) -ricorda Cia- che danno occupazione a più di 150 mila persone e presidiano il 40% del territorio rurale, contrastando lo spopolamento e il degrado delle aree interne e custodendo tradizioni culturali e gastronomiche conosciute in tutto il mondo.

Un comparto fondamentale, dunque, che lavora da anni sulla riduzione del suo impatto ambientale. Dal 1970 a oggi la quantità di metano immessa nell’atmosfera e derivante dagli allevamenti è scesa del 40%. Attualmente, secondo la FAO, il comparto zootecnico a livello mondiale pesa per circa il 14% sul totale delle emissioni di CO2 equivalenti. Dati che si abbassano ancora se si considera solo l’Europa, dove l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di CO2 della zootecnia rappresentano il 5,2% del totale, di cui meno del 4% imputabile alle filiere delle carni.

Tanti sono gli elementi che hanno concorso negli anni a rendere la zootecnia sempre più sostenibile: dalla gestione degli allevamenti basata sul benessere animale alla riduzione dell’uso di antibiotici; dai programmi di selezione genetica, con le nuove possibilità offerte dalla genomica, all’alimentazione su misura e “di precisione”. Grazie all’aumento delle conoscenze scientifiche, oggi è possibile definire con accuratezza i fabbisogni nutrizionali degli animali, con l’effetto positivo di ridurre sia gli sprechi che le escrezioni di azoto -sottolinea Cia-. Sempre per limitare l’impatto ambientale, la zootecnia sta adottando il modello di economia circolare: dal campo al foraggio, dal foraggio all’alimentazione, dalle deiezioni animali ancora al campo, oppure alla produzione di energia tramite impianti di biogas.

“Contrariamente ai tanti pregiudizi, dunque, il settore può concorrere in maniera rilevante alla sostenibilità dell’agricoltura -ha detto il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini- con l’utilizzo efficiente delle risorse naturali, nella cornice di una zootecnia razionale e moderna, valorizzando i servizi ecosistemici dell’allevamento, come quelli di tipo culturale, sociale, paesaggistico e di mantenimento della biodiversità”. Per questo, però, “serve una forte azione strutturale di rilancio del settore -ha aggiunto Passarini- con progetti strategici e interventi appropriati, a partire dal settore delle carni bovine, puntando su innovazione e ricerca scientifica. La transizione 4.0 è la vera risposta per la transizione ecologica. Sono necessarie risorse per ammodernare il sistema produttivo e aumentare la competitività, per produrre meglio dal punto di vista qualitativo e ambientale”.

“La sfida green vogliamo giocarla da protagonisti -ha ribadito il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- continuando a migliorare la qualità e la sostenibilità dei nostri allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tutela l’ambiente senza penalizzare la produzione”. A tal fine, “bisogna identificare gli strumenti finanziari adeguati per sostenere economicamente gli allevatori che avranno bisogno di nuovi investimenti, sia strutturali che tecnologici, ad esempio per una migliore gestione e valorizzazione dei reflui zootecnici, così come per la produzione di energie rinnovabili. In questo senso -ha concluso Scanavino- l’adozione di incentivi e premialità agli allevatori per il sostegno agli investimenti nel settore, nell’ambito dei piani dello sviluppo rurale e della nuova Pac, potrebbe essere molto efficace. Una spinta necessaria affinché il settore zootecnico centri pienamente la sfida del Green Deal”.

“Da parte del Mipaaf, c’è costante attenzione e supporto al settore, anche nei confronti di fake news e attacchi mediatici -ha sottolineato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, nel suo videomessaggio all’evento Cia-. La filiera zootecnica italiana è ai primi posti nel mondo per la qualità e, da tempo, gli allevatori hanno avviato un percorso improntato alla sostenibilità”. Un percorso “di importanza strategica, che deve proseguire di pari passo con la crescita della competitività”. Per Patuanelli “ci sono i margini per rendere i nostri allevamenti ancora più green in un’ottica circolare, tramite l’utilizzo razionale delle risorse naturali e fino alla produzione di energia in azienda” e per accompagnare i produttori in questo passaggio “gli strumenti e le risorse sono messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dalla contemporanea riforma della Pac”. Il ministro ha quindi ricordato il nuovo Sistema di qualità nazionale per il benessere animale, su cui “dobbiamo lavorare insieme con determinazione” per definire “uno schema base di produzione e certificazione di carattere nazionale, mirato a rafforzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni di origine animale”. L’obiettivo è costruire “un percorso condiviso tra istituzioni e operatori -ha chiosato- per progettare l’allevamento del prossimo futuro”.